Quanto è valutato il dolore nel mondo del wound care?

7 Marzo 2018 by admin
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Dall’osservazione della pratica quotidiana si rileva una sensibile disomogeneità di intervento da parte degli Operatori Sanitari per quel che concerne la prevenzione e il trattamento delle LDP (lesione da pressione), che sfocia talvolta in risultati poco soddisfacenti. Tale difformità varia non solo da nosocomio a nosocomio, ma anche da RSA a Hospice e a Casa Protetta.

Per ovviare a ciò si suggerisce sempre di agire basandosi su percorsi assistenziali comprovati e validati (1) e, in particolare, di fare riferimento alle Linee Guida pubblicate sul sito PNLG (Piano Nazionale Line Guida), così come evidenziato dalla Leggi Gelli Bianco n. 2 dell’8/3/2017.

Resta di fondamentale importanza eseguire un’anamnesi medica completa, la valutazione del rischio di sviluppare LDP utilizzando una scala del rischio validata, un esame obiettivo della cute e la valutazione del dolore. Queste ultime attività rientrano nella pianificazione assistenziale di cui l’Infermiere è responsabile, ma che può anche essere effettuata in collaborazione con l’operatore socio sanitario se debitamente addestrato. Bisogna sempre ricordarsi che dietro ogni lesione c’è un paziente con il proprio vissuto (2).

È definita LDP una lesione tessutale, con evoluzione necrotica, che interessa: la cute, il derma e gli strati sottocutanei, fino a giungere nei casi più gravi la muscolatura e le strutture ossee. Essa è la conseguenza diretta di un’elevata e/o prolungata: compressione, o forze di taglio (o stiramento), causanti uno stress meccanico ai tessuti e lo strozzamento dei vasi sanguinei. Alla formazione di una LDP concorrono fattori che agiscono localmente (compressione, forze di taglio, attrito, umidità), che interagiscono con le caratteristiche proprie del distretto cutaneo interessato e con le caratteristiche del soggetto (età in primo luogo), e\o particolari condizioni (immobilità, malnutrizione ecc.) in cui il soggetto si viene a trovare (fattori sistemici) (3).

La qualità assistenziale valutata con una metodologia “relativamente” ben definita, appare negli USA alla fine degli anni ’50. Nei decenni successivi si assiste ad uno sviluppo di programmi di promozione di qualità secondo il modello della VRQ (verifica e revisione della qualità), promosse soprattutto dalle compagnie assicuratrici. Nel 1992 l’Agency for Health Care Policy and Research (AHCP, attualmente rinominata Agency for Health Care Researchand Quality AHRQ) attraverso la revisione critica della letteratura disponibile, redige le proprie Linee guida per la prevenzione delle LDP, cura della cute e trattamento precoce, carico meccanico e superfici di appoggio, educazione professionale. In tali linee Guida viene considerata la valutazione del dolore (4).

Secondo l’International Association for the Study of Pain (IASP, 1986) il dolore è definito come “un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno tessutale, in atto o potenziale, o descritta in termini di danno. È un’esperienza individuale e soggettiva, a cui convergono componenti puramente sensoriali (nocicezione) relative al trasferimento dello stimolo doloroso dalla periferia alle strutture centrali, e componenti esperienziali e affettive, che modulano in maniera importante quanto percepito”.

La legislazione italiana (Legge n. 38/2010, art. 7) richiede di registrare nella documentazione sanitaria le caratteristiche del dolore e la sua evoluzione, la tecnica antalgica, i farmaci utilizzati, i relativi dosaggi e il risultato antalgico conseguito proprio in virtù dell’importanza della tematica. Anche il Codice deontologico dell’Infermiere (IPASVI 2009), così come definito all’Art. n. 34, prevede che il professionista si attivi per prevenire e contrastare il dolore e alleviare la sofferenza adoperandosi affinché l’assistito riceva i trattamenti necessari (5).

Gli infermieri hanno un ruolo determinante nella valutazione del dolore, in quanto maggiormente a contatto con i pazienti. La valutazione è necessario effettuarla rivolgendosi direttamente alla persona assistita, poiché il dolore è un’esperienza multidimensionale e soggettiva. La valutazione deve avvenire utilizzando come fonte primaria il self report (4). Per i soggetti non in grado di esprimersi verbalmente, la valutazione del dolore dovrebbe includere l’osservazione del comportamento (smorfie, irrequietezza, vocalizzazione).

Il dolore è considerato il quinto parametro vitale ed è proprio per questo motivo che si richiede un approccio individualizzato, sistematico e documentato (6).

Le linee guida dell’AHRQ definiscono che lo scopo dell’eliminazione del dolore nei pazienti portatori di LDP è di rimuovere la causa che lo provoca. Infatti tutte le evidenze che vengono riportate all’interno delle Linee Guida relative al Wound Care sono di tipo “C” a dimostrazione che molta poca ricerca è effettuato in merito. Gli interventi che si possono programmare per alleviare il dolore dal LDP devono essere combinati dalla contemporanea mobilizzazione del paziente, dalla copertura della ferita e da una analgesia sistemica (4-6).

Le Linee Guida dell’EPUAP/NPUAP 2016 definiscono con più enfasi il dolore e la sua soggettività alla patologia. Definendo il dolore correlato alla lesione dal dolore di altre concomitanti patologie (7).

Inoltre tali Linee Guida non solo indicano l’uso di una scala per la valutazione del dolore adeguata alla capacità cognitiva del soggetto ammalato ma eseguono una differenziazione a seconda se il si tratta di un paziente pediatrico, di un paziente neonato o di un prematuro, indicando differenti scale di valutazione (7).

Usare l’indice FLACC (Face, Leg, Activity, Cry, Consolability [viso, gambe, attività, pianto e consolabilità]) per bambini da 2 mesi a 7 anni di età.

Usare l’Indice CRIES (Crying; Requires O2 for Saturation>95%; Increasing vital signs; Expression; Sleepless [Pianto; necessità di O2 per ottenere una saturazione >95%; aumento dei segni vitali; espressione; mancanza di sonno] per neonati fino a 6 mesi.

Il dolore infatti rappresenta un fenomeno complesso, polimorfo, multifattoriale e multidimensionale e quindi difficilmente quantificabile da misurazioni oggettive; ciascun paziente risulta così essere l’unico vero testimone di se stesso. Per questo motivo viene individuato un dolore correlato all’ulcera, un dolore procedurale ed un dolore cronico.

Il dolore può considerarsi acuto e sintomatico, quando rappresenta un segno di effettivo di allarme ed è estremamente utile per orientare il medico verso la diagnosi patogenetica: tali risultano, ad esempio, il dolore post-traumatico, il dolore post-operatorio come pure i segni utili per la diagnosi di alcune malattie (appendicite, colite, calcolosi renale, ecc.). In questo caso il dolore deve quindi scomparire con la rimozione della causa scatenante e risponde in modo egregio a un classico trattamento farmacologico antalgico.

Al contrario, invece, potremmo confrontarci con un dolore cronico, in cui il dolore stesso non è più sintomo, ma un segno che sottintende l’essenza stessa della malattia: il dolore cioè presuppone la presenza di postumi (lesione neurologica periferica o centrale) oppure rappresenta la conseguenza di un insuccesso terapeutico (malattia evolutiva incurabile come nel caso di cancro in stadio avanzato o nelle lesioni da decubito utilizzando medicazioni errate).

Il dolore nocicettivo è il dolore causato dall’attivazione di fibre nervose libere (i nocicettori) presenti a livello di organi interni (viscerali) o somatici (cute, apparato muscoloscheletrico) ed è causato da una lesione tissutale definita. A livello somatico, il dolore nocicettivo è ben localizzato; a livello viscerale la localizzazione risulta più sfumata. Il dolore somatico può essere un dolore riferito, dove il danno non è localizzato nella zona in cui si sente dolore ma altrove (es. il dolore al braccio sinistro in caso di infarto miocardico). Il dolore viscerale può essere associato a nausea e vomito, ad alterazione della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca. A seconda poi della causa scatenante, è possibile distinguere un dolore nocicettivo non infiammatorio e un dolore nocicettivo infiammatorio. Il trattamento del dolore nocicettivo è focalizzato sulla rimozione della causa scatenante. Per alleviare il dolore nocicettivo non infiammatorio si utilizzano farmaci analgesici puri, per il dolore nocicettivo infiammatorio i FANS in mono terapia o in associazione a oppioidi (8).

Il dolore neuropatico è ogni dolore acuto o cronico che si suppone sia sostenuto da un processo somatosensoriale aberrante, nel sistema nervoso periferico o centrale. Le patologie che portano al dolore neuropatico sono neuropatie post infettive (herpes zoster o HIV), nevralgie del trigemino, neuropatie diabetiche, neuropatie tossiche da chemioterapici. I sintomi sono dolore urente o pungente e sensazione di scossa elettrica, parestesie, disestesie, allodinia, iperalgesia (9).

Si parla invece di dolore misto quando abbiamo la somma del dolore neuropatico con il dolore nocicettivo (10).

Nei pazienti con dolore diventa utile documentare la storia del dolore, ma in realtà è un obbligo di legge farlo. E quindi devono essere indicati i seguenti parametri: la sua intensità, la qualità, le caratteristiche temporali, ciò che migliora o peggiora il dolore, il suo impatto sulle attività quotidiane, impatti psicosociali, credenze culturali e gli interventi efficaci utilizzati per gestire il dolore (2).

Per ovviare ad approcci errati, esistono delle scale di valutazione così come già evidenziato in precedenza per la valutazione dei neonati e dei pazienti pediatrici. Tra le più importanti che possono essere utilizzate sugli adulti abbiamo:

la NRS o scala di valutazione numerica, è una scala di misurazione in cui la persona assistita indica l’intensità del proprio dolore verbalmente o disegnando un cerchio sul numero che meglio la descrive. Nella maggioranza dei casi lo strumento è rappresentato da una linea o barra orizzontale su cui è indicato un intervallo compreso tra i valori 0 e 10, corrispondenti rispettivamente a “nessun dolore” e “peggior dolore immaginabile”.

La Visual Analogue Scale (VAS) La scala VAS è costituita da una linea predeterminata lunga 10 cm; alla persona assistita viene chiesto di marcare sulla linea il punto che indica l’intensità del proprio dolore. L’estremità sinistra della scala corrisponde a “nessun dolore”, mentre la destra al “peggior dolore immaginabile”. Questa scala può assumere diverse forme, sia come scala del dolore che come scala di sollievo del dolore.

La scala VRS comprende una lista di descrittori che identificano il grado di intensità del dolore: nessuno, lieve, moderato e grave. Esiste anche una versione con 5 descrittori del dolore: lieve, fastidioso, angosciante, terribile e atroce. La VRS è applicabile nella popolazione anziana, in pazienti con un basso livello culturale.

Se il paziente lamenta dolore prima ancora del cambio della medicazione, tale dolore deve essere valutato e identificato in modo da poter intervenire correttamente per cercare di ridurlo. Studi recenti introducono la possibilità di inserire degli anestetici locali per agevolare il cambio della medicazione.

In alcuni casi, il paziente fragile potrà presentare difficoltà verbale, pertanto si dovrà insistere nel capire i comandi e per individuare la sede di qualsiasi dolore. In casi estremi, presenterà sia difficoltà verbale che nel comunicare anche con semplici gesti, sarà quindi necessario valutare eventuali smorfie facciali che le rigidità diffuse (6).

Infatti non bisogna sottovalutare anche l’ansia di sottoporsi alla procedura della medicazione, in quanto la stessa è influenzata da fattori fisiologici e psicologici e genera una reazione automatica. Importante è anche l’uso di medicazioni che riducono lo stress tessutale locale producendo il minor dolore possibile in quanto sono atraumatiche alla rimozione (11).

La scheda NOPPAIN (Non-Communicative Patient’s Pain Assessment Instrument) viene somministrata ai pazienti anziani con degenerazioni neurovegetative dall’operatore sanitario (OSS debitamente formato dal team) che effettua almeno 5 minuti di assistenza quotidiana all’ospite osservando i comportamenti che suggeriscono il dolore, compilando una check-list con diversi items suddiviso in due parti:

  1. mettere a letto l’ospite oppure osservarlo mentre si sdraia, girare l’ospite nel letto passaggi posturali (letto-sedia;sedia-wc-,sedia-in piedi), mettere seduto l’ospite oppure osservare l’ospite che si siede, vestire l’ospite, alimentare l’ospite, aiutare l’ospite a stare in piedi oppure osservare l’ospite mentre è in piedi, aiutare l’ospite a camminare oppure osservare l’ospite che cammina, fare il bagno all’ospite oppure fare una spugnatura a letto, l’operatore osserverà se il paziente ha svolto le attività o meno e se ha rilevato dolore durante lo svolgimento chiedendo al paziente: – ” sente dolore o le faccio male?” L’operatore deve riferire ciò che vede o sente durante l’assistenza.
  2. Parole che esprimono dolore (che male!-vai via!-ahi basta!), espressioni del viso che esprimono dolore (smorfie-sussulti-corrugamento della fronte), stringere una parte dolente (irrigidirsi-proteggersi-tenere fermo un arto), versi che esprimono dolore (gemiti-singhiozzi-borbottii-ansimi-pianti), sfregare o massaggiare una parte dolente), irrequietezza (frequenti cambi di posizione-impossibilità a stare fermo-opposizione alle cure. L’operatore deve indicare il livello massimo di dolore rilevato durante l’assistenza e deve indicare con una “x” la sede del dolore e con una “o” la sede della lesione cutanea.

L’accertamento sistematico del dolore è un passo fondamentale verso una migliore qualità della gestione del dolore, in quanto permette una maggiore visibilità professionale degli operatori sanitari deputati all’assistenza, una maggiore aderenza alle normative di riferimento e alla personalizzazione delle cure. L’esistenza di protocolli integrati agevola il lavoro dell’Infermiere che deve anche essere in grado di stabilire l’efficacia della terapia analgesica impostata (12).

IVAN SANTORO

INFERMIERE COORDINATORE, SEGRETARIO AIORSA (ASSOCIAZIONE ITALIANA OPERATORI DI RSA), BERGAMO

ALESSANDRA VERNACCHIA

SPECIALIZZATA IN WOUND CARE E IN INFERMIERISTICA FORENSE, BARI

 

Tratto da: Pain Nursing Magazine – Italian Online Journal


Bibliografia

  1. Santoro I. Curare la lesione. Opuscolo J&J Wound Management, Settembre 2004.
  2. Assessment and management of pain. Linee Guida ARNAO tradotte dal centro di EBN Sant’Orsola Malpighi di Bologna,  disponibili all’indirizzo: http://rnao.ca/sites/rnao-ca/files/AssessAndManagementOfPain2014.pdf
  3. Santoro I. Ulcere e dolore. Assocarenews.it, testo online, 24 gennaio 2018. Link: goo.gl/gJLQ6t
  4. Calosso A, Zanetti E (ed). Linee Guida Integrali dell’AHQR per la prevenzione e il trattamento delle lesioni da decubito. III edizione della versione italiana integrata con fisiopatologia e profilassi. AISLEC news, I edizione marzo 2002, II edizione novembre 2002.
  5. Codice deontologico dell’Infermiere. Approvato dal Comitato centrale della Federazione con deliberazione n.1/09 del 10 gennaio 2009 e dal Consiglio nazionale dei Collegi Ipasvi riunito a Roma nella seduta del 17 gennaio 2009.
  6. Cosmai S, Ghidini M, Casat M, Caldara C et al. Le scale di misurazione del dolore per le diverse fasce d’età. Una revisione della letteratura. L’infermiere 2017; 54: 3:e34-e46. Disponibile anche online: goo.gl/GN6Ngk
  7. Linee guida Epuap 2016 disponibile all’indirizzo goo.gl/wTMFHm
  8. Lo Burgio I, Rapetti R, Bertoncini F, Di Berardino S, Tesei L. Il dolore cronico: principali evidenze scientifiche. L’infermiere 2017; 61:9-14 disponibile online goo.gl/GN6Ngk
  9. Registered Nurses’ Association of Ontario (RNAO). Assessment and management of venous and leg ulcers (traduzione a cura di Claudia Caula), 2010. Disponibile all’indirizzo goo.gl/GaKiCB
  10. Calosso A. Le lesioni cutanee. Roma: Carocci, 2004.
  11. Giacinto F, Germano M, Ciuffoletti D. Applicazione dell’Ortodermina pomata per la preparazione dell’ulcera al debridement ad ultrasuoni. Acta Vulnologica: 2016; 14 (1): 16-23.
  12. Novello C, Ferrari R, Scacco C, Visentin M. La versione italiana della scala NOPPAIN: validazione in un contesto di formazione. Assistenza infermieristica e ricerca 2009: 28 (4): 198-205.

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